• «Grassi era dotato di naturale
autorevolezza e lo sapeva:
tendenzialmente corpulento, il
piglio padronale, la “erre”
arrotolata e l’immancabile cappello
a lobbia, fin da giovane si
atteggiava a commendatore. Ma era
come se il nostro sapesse qual era
il costume atto a imporre rispetto
nella Milano del dopoguerra: nel suo
modo di presentarsi scorreva un
sottile filo di autoironia,
un’implicita critica che lui da
intellettuale di sinistra rivolgeva
proprio a quel tipo umano. E lo
faceva subito capire, al di là del
travestimento, con un eloquio
risonante aggressivo, traboccante
intelligenza: maestro istintivo
della ritrovata libertà di parola».
Tullio Kezich – Corriere
della sera, 16 giugno 1997
• «Era la Milano degli ultimi “Anni
Trenta”…. La Milano dei giovani di
allora, riottosi alla cultura
ufficiale... Paolo vi fu coinvolto
in prima persona. …Le sue
caratteristiche erano già esplicite:
avida curiosità culturale, non
soltanto per il teatro drammatico;
c’era la musica, la poesia, la
pittura, il pensiero politico in
tormentosa elaborazione.
Caratteristiche rivelate
nell’immediatezza; la generosità,
l’impulsività, anche i tratti
retorici legati all’eloquenza, il
pagar sempre di persona senza mezzi
termini e reticenze. Infine: il
parlar chiaro e diretto, con
chiunque e per qualunque cosa, anche
a costo di produrre nemici. Tutto
quello, infine, che costituì il
nerbo, l’ossatura, la sorte di lui
uomo di teatro, di cultura; di lui
uomo civile».
Gianandrea Gavazzeni,
Bergamo 3 marzo 1985 - Lettera a
Nina Vinchi Grassi
• «In questi cinque anni di lavoro
comune alla Scala, di incontri di
riunioni, di riflessioni, ho avuto
modo di apprezzare il suo apporto
culturale, che è sempre stato di
sprone a tutti noi, e i suoi
interventi di qualità, determinanti;
la sua socialità tesa al fine,
raggiunto in buona misura, di aprire
la Scala a nuovo pubblico in un
clima ambientale e psicologico
diverso, consapevole e maturo; la
sua sensibilità verso gli artisti,
verso i loro problemi….Tutto questo
è il frutto di uno stile autentico,
di una carica umana veramente unica,
messi al servizio del teatro e che
si intersecano con una profonda
fiducia nell’uomo con un grande
spirito di solidarietà».
Claudio Abbado, 16 marzo
1977
Quarant’anni di palcoscenico – a
cura di Emilio Pozzi- Mursia, Milano
1977
• «Con il dono indicibile di far
apparire semplici le battaglie,
dovute le vittorie, e necessarie, se
non addirittura provvide, le
sconfitte Paolo ha rappresentato,
dando forma domestica al senso
naturale che aveva della storia, ciò
che spetta a un intellettuale
moderno in un Paese dal cuore antico
come il nostro. “Non si può buttar
via tutto – confessò una volta -
bisogna avere il gusto di tenere i
materiali, di conservare i
documenti, di fissare certe cose e
far sì che le nuove generazioni
sentano i retroterra, quello che si
è fatto, quello che si è pensato”.»
Sergio Zavoli, Martina
Franca, 14 marzo 1985
“Quaderni di Nuove Proposte”
• «Per me e per tutta la nostra generazione Paolo Grassi è stato un maestro indimenticabile, un uomo a cui si deve la riappropriazione della coscienza e della dignità dello spettacolo italiano. Il teatro, la musica, lo spettacolo come passione civile, come incontro di uomini per altri uomini, sono la perentoria affermazione di un'idea di pubblico servizio. Ricordare oggi Paolo Grassi vuol dire ancora una volta dar rilievo al suo insegnameno, che deve restare sempre ben vivo e presente in tutti coloro che operano per e nel teatro.»
Carlo Fontana
• «Credo che sia possibile racchiudere il senso della vita teatrale (ma non solo) di Paolo Grassi all'interno di due momenti: la piazza e il palcoscenico. E dentro questi due estremi quattro sono state le linee che hanno sostenuto la sua azione di uomo di teatro. Queste quattro linee direttrici sono: senza paura, memoria, Europa, innovazione. Può essere che non se ne parli in quest'ordine esatto ma che i quattro momenti si intreccino, si sovrappongano proprio come succedeva nella vita di Paolo Grassi. Certo quando si dice palcoscenico parlando di Paolo Grassi si va sempre oltre il significato stretto di questa parola allo stesso modo in cui il termine cultura andava oltre la definizione di un interesse - sia pure preponderante e specifico come quello del teatro per un uomo come Paolo Grassi aperto a molteplici curiosità e interessi senza però mai rinnegare la sua vocazione teatrale. Proprio per questo Paolo Grassi è stato un uomo, un teatrante, un uomo di spettacolo, che non ha mai avuto paura di fare le sue scelte e di assumersene fino in fondo le conseguenze. Sembra ovvio fare questa affermazione ma non è così. E' molto difficile essere fedeli alla propria storia e nello stesso tempo avere uno sguardo aperto sul futuro e sapere andare avanti scegliendo di battersi per le proprie scelte [...].»
Maria Grazia Gregori, "Paolo Grassi uomo di palcoscenico e di piazza", in 'Quaderni della Fondazione Paolo Grassi n. 2' (Ed. Schena), 2007
• «Paolo Grassi ha vissuto un momento di grande entusiasmo, anche perchè dopo il disastro della guerra far rinascere in Italia qualcosa che riguardasse il teatro, non era cosa facile. Ma probabilmente quell'entusiasmo è stato anche la molla che ha permesso di fare quelle grandi cose che poi sono state fatte a Milano e che non sono state solamente patrimonio di questa cisttà, ma anche di tutta l'Europa e del mondo.»
Carmelo Grassi, "L'insegnamento di Grassi e l'esperienza del teatro pubblico in Puglia", in 'Quaderni della Fondazione Paolo Grassi n. 2'(Ed. Schena), 2007
• «[...] Uno dei compiti che si era prefisso Grassi come manager della cultura era dunque quello di dar vita ad una diffusione del teatro, cancellando i divari tra classe e classe, tra città e centri minori, tra metropoli e campagna. Solo tenendo conto di questi squilibri si spiegava allora ma, a ben guardare, lo si spiega anche oggi, le ragioni che inducono lo Stato a sussidiare lo sviluppo della cultura.»
Lamberto Trezzini, "Paolo Grassi tra ideali e ideologia", in 'Quaderni della Fondazione Paolo Grassi n. 2'(Ed. Schena), 2007